<Dura troppo invece, una vita

è una gabbia da curare

un masso di granito da scalfire con somma pazienza… >

CLEMENTE DI LEO – POESIE

Esce nel 1985 la raccolta “Clemente Di Leo – Poesie”. Il testo, di poco più di 200 pagine, viene stampato da Bastogi, nella collana diretta da Benito Salone. Il libro, a cura di Laura Romani, è un omaggio al poeta abruzzese e ai suoi versi ancora da scoprire. Esso contiene parte dei componimenti inediti, rimasti a lungo chiusi nei cassetti.  “Le poesie che compongono questo volume – dice una nota che spiega la strutturazione dell’opera – sono state pubblicate rispettando il più possibile l’ordine cronologico in cui furono scritte. Non si è ritenuto opportuno ristampare “Frammento lirico” (Colledimacine, 1963) edito dal diciassettenne Di Leo, che costituisce l’incunabolo – sotto forma di esercitazione poetica e letteraria – della sua precoce attività pubblicistica. Per “Cimeli” (Pescara, 1964) che raccoglie più di mille versi scritti tra il 1959 e il 1963 e mai più ristampati dall’autore, ci si è limitati ad una scelta essenziale. Delle 86 poesie che compongono il volumetto “Frantumi di una reggia azzurra” (Milano, 1966) ne sono state riproposte 26 cercando di rispecchiare il più possibile l’organicità dell’edizione originale. Le raccolte “Una lunga puzza” (Pescara, 1968) e “Gilgàmesh” (L’Aquila, 1970) sono state stampate nella loro integrità. “Manuale di appunti” costituisce il nucleo più consistente delle poesie inedite di Clemente Di Leo, scritte tra l’ottobre 1968 e il gennaio 1970. Da questa raccolta egli aveva tratto nel 1970 le 27 poesie che pubblicò insieme al poema “Gilgàmesh”. Un’ampia scelta di componimenti poetici compresi nel dattiloscritto sono qui pubblicati nell’ordine di successione che era stato dato loro dall’autore, il quale li ha lasciati senza titoli, tranne che per il caso de “Il palazzo di ghiaccio” – che si presenta come una piccola raccolta nella raccolta – e per la poesia “Per una volpe finita sotto il cofano di una machina”, pubblicata postuma nella rivista di letteratura “Rapporti”, n° di marzo-giugno 1977. Sotto il titolo “Poesie sparse” sono state raggruppate alcune poesie emerse dai materiali durante il lavoro di collazione. Gli “Ultimi versi” si sono voluti separare dalle poesie sparse poiché costituiscono, per la novità della scrittura, la testimonianza conclusiva dell’attività poetica di Clemente Di Leo. Chiude il volume l’atto unico ‘Arlecchino’.”
La prefazione è a cura di Giuliano Manacorda che, in uno stralcio, afferma… (…) “Di Leo nasce – alla lettera – fuori della lingua e della grammatica, e cresce non già fuori dei buoni studi ma fuori di ogni studio se non quello della scuola elementare, ma poi quello dell’autodidattismo è così intenso e quasi furioso e aggiornato da essere già un dato importante da tenere in conto. Poiché il vero problema non è quello di diagnosticare i modi di un poeta naif, ma di comprendere attraverso quali vie o piuttosto trancianti scorciatoie egli sia riuscito a fare poesia, a fare letteratura fino ai livelli raffinati, e comunque non dissonando con i modi più legittimi della poesia italiana dei suoi anni. Frutto indubbiamente di una carica poetica, di una voglia di dire che erano un patrimonio innato e costituivano la sua stessa concezione del vivere, ma frutto anche – se non vogliamo cadere subito nel cliché del poeta ut puer o del bohémien – di un’applicazione alla poesia che lo ha tutto preso fin negli anni della prima adolescenza”.(…)